Nato in continuità di intenti con la ideazione del MUVIT, il MOO Museo dell'Olivo e dell'Olio è situato in un piccolo nucleo di abitazioni medioevali all’interno delle mura castellane.
Il percorso si snoda lungo dieci sale e si apre con informazioni redatte dal C.N.R. sulle caratteristiche botaniche dell’olivo, sulle cultivar più diffuse in Umbria, sulle tecniche tradizionali e d'avanguardia di messa a coltura e di estrazione dell’olio, affiancate da mappe sulla diffusione storica dell’olivicoltura nel globo. Le sale successive, ambientate nei locali che furono già sede di un frantoio, attivo fino a pochi decenni fa e testimoniato dalla presenza di un grande camino, ospitano una ricca documentazione relativa alla storia e alla evoluzione delle macchine olearie: dai primi mortai in pietra, risalenti al V millennio a.C., via via, correndo lungo i secoli, alla introduzione del trapetum, l’ampia vasca di probabile origine greca definitivamente utilizzata e diffusa dai Romani, fino alle più complesse macchine a trazione animale o idraulica e alla invenzione del sistema “a ciclo continuo” che ha segnato l’avvio per la nuova elaiotecnica. Il percorso prosegue nei due piani superiori, dove la presenza dell’olio e dell’olivo nel quotidiano, gli usi e le valenze ad essi attribuiti nel corso del tempo sono documentati in sezioni: l’origine mitologica della pianta, il rilievo dell’olivicoltura dall’economia romana alla ripresa tardo medievale sino ai secoli recenti, l’olio come fonte di illuminazione, nelle religioni monoteiste mediterranee, nella medicina e nella alimentazione, nello sport, nella cosmesi, come fonte di riscaldamento e come elemento significativo di un immaginario popolare che alla pianta e al prodotto derivato dal suo frutto ha attribuito – e in parte ancora attribuisce – valenze simboliche, propiziatorie, apotropaiche e curative.
La sala V, dedicata ad Athena, divinità cui si deve il dono dell’olivo agli uomini, espone, accanto a diversi oggetti che richiamano ai vari attributi della dea, un alábastron attico in ceramica a figure rosse, firmato dal Pittore della Fonderia e risalente al V secolo a.C.; l’oggetto, di grande interesse per l’abilità dell’artista, ritrae Athena in attesa di ricevere lo scudo recante l’effige della civetta (suo primo emblema) dalle mani del metallurgo che lo ha creato. Di fronte, a significare l’uso remotissimo di lucerne votive, affiancata da una scheda scientifica di Mario Torelli, è esposta una lucerna trilicne del VII secolo a.C., in marmo di Paros, superbo esempio di arte dedalica.
La raccolta di lucerne, che da età preclassica giunge al tardo neoclassicismo, presenta particolare attenzione: dalla bilicne romana in bronzo, ageminata in argento e rame, al piccolo putto bronzeo rinascimentale, alle due preziose lucerne da scala fiorentine, datate XVI secolo. Interessanti per tecniche e stili rappresentati, indicativi di correnti di gusto sensibili al mito della antichità e dell’esotismo, il gruppo delle “neoclassiche” comprende lucerne da parata che vanno dalla “fiorentina” in vetro, da Murano, alle “romane”, provenienti dalle maggiori botteghe di argentieri e bronzisti, caratterizzate da sculture che conoscono all’epoca una grande diffusione: così il Mercurio che corre sul soffio del Vento, o l’egizio, che rimanda alle campagne napoleoniche.
Oliere e salsiere, ampolle per profumi e balsamari, bracieri e scaldini, testi dotti ed oggetti di manifattura popolare testimoniano il ricorrere all’olio nei secoli per i diversi usi. Al termine del percorso museale, un corridoio di proverbi e detti legati all’olio conduce alla pluralità di attività artigiane in cui l’olio è elemento indispensabile, per concludere con il richiamo all’immaginario popolare.
Attività:
a cadenza annuale il Museo dell’Olivo e dell’Olio propone la rassegna OLIO E LUCE: artisti contemporanei sono chiamati a interpretare il tema della lucerna a olio. Hanno partecipato fino ad oggi artisti quali Bruno Ceccobelli, Nino Caruso, Lorenzo Burchiellaro, Aldo Rontini, Riccardo Biavati.